24/4/1899 Ricerca ossa del Re Gioacchino. Il primo tentativo.
di Giuseppe Pagnotta.
Per il tramite delle nostre ricerche nei testi e documenti presso la Biblioteca Murattiana di Pizzo abbiamo appreso che il voto della Regina Carolina, cioè che le sue ossa fossero un giorno riunite con quelle del Re Gioacchino, disgiunte per l’avversità dei tempi, non tu dimenticato dalla famiglia Murat.
Dopo 84 anni essa potè adempiere ad un sì pietoso pensiero, cercando di rinvenire nella Chiesa di S. Giorgio gli avanzi del Re. Ed a tale uopo da Firenze, da Ferrara e da Ravenna si mossero in pellegrinaggio per Pizzo la Contessa Letizia Rasponi figlia della Principessa Luisa Murat, l’on. Conte Giulio Rasponi deputato di Ravenna, il Conte Ercole Mosii-Estense, per dar degno riposo in onorato sepolcreto, ai resti dell’illustre loro avo.
La tradizione più costante afferma che il Re Gioacchino ebbe sepoltura, se non decente al suo alto grado, riserbata però in una tomba comunale pubblica, ove oltre di un certo Cimminà, uomo plebeo, non fu seppellito più alcuno.
É un fatto che a soli quattro soldati si diede l’incarico di seppellire segretamente il Re Murat; ed il popolo vi fu tenuto lontano. Poiché in quei giorni dell’ottobre del 1815, mentre Gioacchino prigioniero doveva essere passato per le armi, quel popolo, che pria al suo invito si mostrò indifferente, poco dopo, venuto in resipiscenza, piangeva la misera sorte del povero Re, che anni prima, per ben due volte, lo vide nello splendore della sua maestà, e con entusiasmo lo salutò suo munificente sovrano
Ma il 24 aprile 1899 deluse le più grandi aspettative e della famiglia e dell’intera cittadinanza di Pizzo; poiché la lapide del leggendario sepolcro schiuse alla vista dei parenti e degli astanti un enorme cumulo di ossame informe, che rese impossibile e diffìcile continuare la pietosa ricerca. A tale spettacolo, l’orrore invase tutti: un grido d’indignazione contro il Borbone si elevò dall’intero paese, il quale, con quell’entusiasmo pieno di vita che erompe sublime dal cuore calabrese, preparava un trionfo al primo martire dell’indipendenza italiana.
Fu presente alle ricerche la nobile dama Contessa Letizia Rasponi. Ella maestosa dal portamento, graziosissima ed oltremodo gentile, in quel momento era compresa nel suo dolore, nella lotta intima tra il contrasto di tanti affetti, di tanti sentimenti, di tante emozioni. Ella grave su quella tomba, ove l’ombra funerea dominava tutto, aveva negli occhi e nel sorriso un’ espressione di angoscia profonda e rassegnata; e stette immota per sei ore continue su quel sepolcro, in cui il mistero avvolgeva contusi fra migliaia di avanzi umani quelli del Re suo avo.
Il Municipio di Pizzo, benché distratto per molto tempo da grave cure amministrative, fu però sempre riverente alla memoria di Murat. Esso propugnò a far dichiarare il castello monumento nazionale : sostenne giudizi per liberarlo d’alcune concessioni : apri in quei locali scuole per educare i giovani all’eroismo ed allo spirito di quel vero amor patrio, che ivi alita mestamente sovrano.
Il Municipio, interpretando il desiderio generale della cittadinanza, decretò due lapide commemorative, una nel Castello, l’altra nella Chiesa di S. Giorgio, e deliberò inoltre che si mettesse un quadro del Murat nella sala del Consiglio; riserbandosi a miglior tempo di sciogliere il voto di un monumento, il quale maestosamente sorgesse nella gran piazza, ove si apre uno dei più splendidi panorami del mondo.