“Il re non tiene vicino alcun uomo di vero merito singolare. Concentrando non solo la potestà suprema nelle sue mani, ma perfino l’esercizio di essa, rende inutili i suoi ministri, i quali, spogli d’indipendenza e senza energia, non sanno dare impulso e far agire gli ufficiali inferiori, che, lasciati in balìa di se stessi, si abbandonano all’egoismo e all’immoralità. Gli affari in corso non sono riferiti al re a voce dai ministri ma per iscritto e tramite un segretario particolare, un uomo che è una nullità. Gli inconvenienti e i ritardi che ne conseguono sono innumerevoli. Gli affari di maggiore importanza si debbono trattare nel Consiglio di Stato.
Ma questo Consiglio, per le frequenti assenze del re, non giunge ad unirsi che quaranta volte all’anno, e non potendo quindi sbrigare tutti gli affari che gli sono riferiti, molti di questi rimangono per interi anni nei portafogli dei ministri. Questo stato di cose è peggiorato negli ultimi tempi. Il re è stato lontano da Napoli quasi tutta la Quaresima, e non si è visto un solo ministro da oltre quaranta giorni. Torna facile comprendere gli effetti dannosi di un tale sistema. Per l’addietro i soli ministri erano fatti segno alle pubbliche censure, ora essi sono disprezzati, e il biasimo generalmente e apertamente ricade sul re. È impossibile immaginare un malcontento più generale e marcato”.