SETTEMBRINI E LA ‘ PROTESTA DEL POPOLO DELLE DUE SICILIE
Nel luglio del 1847 LUIGI SETTEMBRINI, cospiratore liberale e propagatore del principio unitario della Giovine Italia, che già aveva sofferto la prigionia, scrisse e clandestinamente stampò, senza nome, un opuscolo, di cui poi, fuggito a Malta, si proclamò autore, che portava il titolo di “Protesta del popolo delle Due Sicilie” ed era un’accesa requisitoria, serrata e incalzante del malgoverno.
Il Settembrini mostrava con vivacità di colori tutte le miserie che il popolo soffriva da un trentennio, metteva a nudo le orribili piaghe dello Stato, rivelava quanto vi fosse di iniquo, di ingiusto, di tirannico nell’ordinamento politico, militare, giudiziario amministrativo del regno e concludeva:
“Questo Governo è una immensa piramide la cui base è fatta dagli sbirri e dai preti, la cima dal re. Ogni impiegato, dal soldato al generale, dal gendarme al ministro di Polizia, dal prete al confessore del re, ogni piccolo scrivano è un despota spietato e lo è peggio su quelli che sono a lui soggetti, mentre è un vilissimo schiavo nei confronti dei suoi superiori! Onde chi non è fra gli oppressori si sente da ogni parte schiacciato dalla tirannide di mille ribaldi, e la pace, le sostanze, la libertà degli uomini onesti dipendono dal capriccio, non dico di un principe o di un ministro, ma di ogni impiegatuccio, di una baldracca, di una spia, di un gesuita, di un prete.
O fratelli italiani, o generosi stranieri, non dite che queste parole sono troppo aspre, e non scrivete nei vostri giornali che dovremmo parlare con più moderazione e freddezza; venite fra noi, sentite voi pure come una vera mano di ferro ci stringa e ci bruci il cuore; venite a soffrire quanto soffriamo noi, e poi scrivete e consolateci. Noi pregheremmo Iddio di donare senno a questo Ferdinando, se sapessimo che Dio ascolta la voce del popolo, che è pure la voce di Dio. Non ci resta dunque che far palesi le nostre miserie, mostrare che siamo immeritevoli di soffrirle e che è vicino il tempo in cui dovrà finire per noi tanta vergogna”.