Estratto in .pdf dal libro “Le memorie di Gugliemo Pepe” relativo alla fine di Re Gioacchino
Propongo a tutti la rilettura di alcune pagine delle Memorie scritte dal Generale di Squillace Guglielmo Pepe relative alla fine di Re Gioacchino Napoleone avvenuta a Pizzo il 13/10/1815. Ciò al fine di fornire l’immediata prova delle squallide BUGIE e FALSE VERITA’ pubblicate sulla Gazzetta del Sud del 14/10/2017.
LA LETTERA A CAROLINA
La prima di tutte riguarda la supposta invenzione di Dumas della lettera scritta da Murat alla famiglia ed alla moglie Carolina Bonaparte. Non è una invenzione ma la lampante verità, come lo stesso Pepe scrive nelle sue Memorie, che vengono considerate valide per la leggenda del taglio della testa, mentre vengono disconosciute per il resto. La lettera a Carolina Bonaparte è stata scritta da Murat, non è mai stata consegnata alla moglie e si trova negli Archivi di Stato di Napoli. Anzi anche una copia è esposta al Museo Murattiano di Pizzo.
CORPO DI MURAT IN FONDO AL MARE
E’ un’altra cavolata come si deduce dalla lettura delle pagine del Pepe allegate e dall’infinita documentazione in nostro possesso e di cui sono piene le biblioteche storiche di Napoli e di Parigi, dell’Italia e della Francia. Il corpo del re è nella Chiesa di San Giorgio. Tutti lo hanno detto e scritto ad eccezione del novello “storico napoleonico pizzitano” che ha esternato la sua scienza storica nell’articolo sulla Gazzetta del Sud del 14/10/2017.
LA SEPOLTURA DEL CAPITANO PIETRO PERNICE
Scrive il Generale Franceschetti Vice Comandante della spedizione, nelle sue Memorie scritte in Francese e mai tradotte in Italiano: “Malgrado gli spari della moltitudine accorsa, giungemmo sulla riva del mare. Là prendemmo una barca che trovammo per caso sulla riva e, avendovi fatto salire il re, facemmo dei vani sforzi per lanciarla in mare; speravamo di raggiungere il bastimento che ci aveva sbarcati, sul quale si trovava il capitano Barbara; ma questo vigliacco si era allontanato dalla riva, malgrado gli ordini che aveva ricevuto dal re di tenersi per un’ora alla distanza di due tiri di schioppo da terra e di dirigersi poi sicuro sulla tonnara di Bivona, verso il pontile di sbarco, con la barca n. 6 comandata dal patron Cecconi.
Se egli avesse eseguito gli ordini o avesse rivolto contro l’assembramento un pezzo di 4 che egli aveva a bordo, l’assembramento si sarebbe disperso o almeno in parte e questa manovra avrebbe probabilmente facilitato l’imbarco del re.
La folla stava per sopraffarci e noi prodigammo tutti i nostri sforzi, esponendo la nostra vita per salvaguardare il re dai colpi che gli venivano scaricati con ogni sorta di armi. Mentre gli assassini cercavano di colpirlo, lui ci gridava: “Ragazzi miei, cessate di opporre i vostri deboli sforzi per difendermi”.
Terminando queste parole, offrì la sua spada ai suoi nemici e disse loro: “Gente del Pizzo, prendete questa spada che si è distinta con gloria nelle armate e che ha combattuto per la vostra patria; io ve la do, ma risparmiate la vita a questi bravi che mi attorniano”.
Quei vili furiosi raddoppiarono i loro colpi; il re vide morire al suo fianco il capitano Pernice e il sergente Giovannini. Io ero caduto ferito ai suoi piedi così come i capitani Lanfranchi e Biciani, il luogotenente Pasqualini, il suo valletto di camera Armand e il sergente Franceschi.
Tutti i soldati che erano rimasti sulla sommità della montagna, con il commissario di guerra Galvani, pericolosamente ferito, erano stati atterrati. Noi soccombemmo e fummo fatti prigionieri”.
Dalle memorie risulta che Pernice è stato ucciso il giorno 8/10/1815 durante i combattimenti alla Marina, mentre Murat e stato ucciso il 13/10/1815.
Da che mondo e mondo, nei paesi civili, i morti sono stati sempre seppelliti il giorno dopo la morte. Bastano queste date per provare l’ENORME BUGIA che addirittura al posto di Murat sarebbe stato seppellito il PERNICE. All’epoca non c’erano ancora i frigoriferi ed un corpo umano rimasto insepolto per cinque giorni non è assolutamente credibile in quanto troppo grosso il pericolo sanitario di epidemie. Ed all’epoca a queste cose, contro le quali non avevano cure erano particolarmente attenti. Resta il dato storico riscontrato su tutti gli atti ufficiali e le memorie private o personali che non hanno mai messo in dubbio [compreso il Pepe] il luogo di sepoltura di Murat e cioè all’interno della Chiesa di San Giorgio a fronteggiare l’incubo notturno del nostro “storico locale”.
“MURAT FU UN TRADITORE DEL COGNATO E COME TALE ANCORA OGGI ODIATO DAI FRANCESI”
Che Murat abbia tradito o meno il cognato Napoleone Bonaparte è una questione storica molto complessa che coinvolge gli equilibri politici dell’epoca, le attese dei popoli di allora ed i caratteri dei singoli su cui non vogliamo ne possiamo entrare non avendone le conoscenze scientifiche necessarie. In ogni caso riguarda i rapporti tra i componenti della famiglia napoleonica ed i rapporti tra Murat e Napoleone e quindi la Francia. Noi Italiani non abbiamo nessun titolo per entrare nel merito ed esprimere “giudizi del cavolo”, inopportuni e quasi sempre completamente sbagliati come quelli espressi dal nostro novello “storico locale napoleonico”. Circa l’odio che i francesi avrebbero verso Murat posso testimoniare personalmente che è del tutto falso perchè uno dei figli di Murat “Luigi” dopo la fine del primo Impero tornò in Francia e venne investito dal cugino Napoleone Terzo del titolo Nobiliare di Principe Murat che ancora oggi tutti i suoi eredi [compresi quelli venuti a Pizzo nel 2015] mantengono ad ogni effetto di legge. Ancora oggi all’annuale Messa a Napoleone celebrata a Parigi nella Cathédrale Saint-Louis des Invalides dalle forze armate francesi insieme alla più grande associazione francese napoleonica il Souvenir Napoleonien accanto al Principe Napoleon troviamo immancabilmente il Principe Murat che è anche Presidente del Souvenir Napoleonien. Aggiungo che a Napoli in occasione del Bicentenario della morte di Murat nel 2015 i più grossi eventi, ai quali anche la Murat ha partecipato, sono stati organizzati dallo Stato Francese rappresentato dal Console di Francia che ci ha fatto l’onore di venire anche a Pizzo. Pertanto il presunto odio verso Murat da parte dei francesi è solo nella testa perversa e disinformata del nostro “storico locale” e non certo nell’attuale realtà di Francia e di Europa.
“MURAT CRIMINALE E PREDATORE” [Le citazioni sono prese dal libro del Prof. Vincenzo VILLELLA “La vera storia dell’assassinio di Gioacchino Murat”
Niente di più falso e perverso poteva scrivere il nostro “storico napoleonico locale” sul personaggio Gioacchino Murat.
Ha scritto a tal proposito Benedetto Croce: “Gioacchino era, pei Napoletani, già un re nazionale, guardato con compiacimento e con orgoglio, perché in lui fulgidamente si impersonavano tante opere belle e tante speranze”. [B. CROCE, Storia del Regno di Napoli, cit., p. 248].
Per tornare ai nostri giorni citiamo lo storico vivente che tutti conosciamo Paolo Mieli: “Curioso destino: da morto Murat riuscì a prendersi la più clamorosa delle rivincite sul re che lo aveva fatto uccidere. E a consacrarsi quasi come un modello di monarca italiano”
Come faccia, il nostro “novello storico napoleonico pizzitano” che si vergogna di esserlo, a fare affermazioni come quelle fatte nell’articolo e messe in evidenza sul giornale non si riesce proprio a capire. Chiamare CRIMINALE un legislatore come Murat che portò a compimento le leggi eversive della feudalità con la soppressione della manomorta ecclesiastica (decreti del 7-8-1809 e del 10-1-1810) contrastando il regime di privilegi e soprusi dell’aristocrazia e del clero e stabilendo l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Murat che attuò il riordinamento amministrativo e giudiziario con l’introduzione nel Regno di Napoli del codice napoleonico che rinnovava interamente il quadro dei diritti civili e che ancora oggi è alla base del diritto di molti stati europei. Codice napoleonico che legalizzò per la prima volta nella penisola il divorzio, il matrimonio civile e l’adozione, cosa che non fu gradita al clero il quale perse la facoltà esclusiva di gestire le politiche familiari. Con decreto del 29 ottobre 1808 Murat istituì lo Stato civile nel Regno di Napoli.[1] Furono soppressi i fidecommessi che immobilizzavano i patrimoni. Istituì il “Corpo di ingegneri di ponti e strade” (antesignana della facoltà di ingegneria a Napoli, la prima in Italia) dando un forte impulso ai lavori pubblici e migliorando alcune strade specialmente in Calabria. Operò una modernizzazione generale dello Stato accompagnandola con un vasto programma di ristrutturazione delle istituzioni culturali come i teatri, l’università, l’accademia delle belle arti, i musei. Con decreto del 10 dicembre 1809 fece aprire nella capitale la cattedra di agraria. Istituì l’orto botanico e l’osservatorio astronomico. Nel 1808 furono fondati la Camera di commercio e il conservatorio di S. Pietro a Majella (allora chiamato Real Collegio di musica). Istituì e promulgò gli statuti delle Società di agricoltura successivamente confluite nelle Società economiche. Queste avevano lo scopo di estendere al settore manifatturiero e commerciale il sistema di incentivazione già riconosciuto al settore agricolo e pastorale che erano le attività primarie del tempo ritenute “la base principale della ricchezza nazionale”. [A. S. N., Collezione delle leggie decreti originali, vol. 18.] [ A. S. N., Collezione delle leggie decreti originali, vol. 18.] [ Regio decreto del 16 febbraio 1810, n. 551 in Bullettino delle leggi del regno di Napoli, 1^ semestre 1810, p. 164-166. Cfr. S. DE MAJO, Manifatture, industria e protezionismo statale nel Decennio, in Studi sul Regno di Napoli nel decennio francese (1806-1815), a cura di E. Lepre, Napoli 1985].
E non continuo solo per non annoiare il lettore.
In merito alla parola PREDATORE attribuita dal nostro “storico napoleonico locale” a Murat evidentemente conosce molto poco la storia perchè se la conoscesse saprebbe quello che tutti sanno e cioè che Murat e la sua famiglia quando si insediarono sul trono portarono con loro dalla Francia grossi capitali finanziari per lo più regali di Napoleone e soprattutto una collezione di opere artistiche d’immenso valore e che quando furono cacciati dalle truppe austriache riuscirono a salvare poco o niente di tutta la loro ricchezza.
“NON CONOSCEVA L’ITALIANO E QUINDI E’ FALSA LA FRASE “MIRATE AL CUORE E RISPARMIATE IL VOLTO”
Se questo novello storico fossa vissuto ai tempi di Re Gioacchino e fosse stato testimone della fucilazione forse qualcuno avrebbe potuto prendere sul serio questa affermazione. Ma egli vive ai nostri giorni a 202 anni di distanza dagli eventi per cui se non basa questa affermazione su di una solida documentazione storica è solo un “poveraccio” che vaneggia in pensieri ed in aspirazioni fasulle false ed assolutamente non vere. Del resto lo stesso Generale Pepe indicato come fonte della vicenda del taglio della testa riporta queste parole. Aggiungo che queste parole sono riportate in modo omogeneo da tutte le fonti storiche. Poi circa il fatto che Murat era francese e quindi quei poveri soldati non potevano capirlo dimentica che egli aveva governato per sette anni il popolo napoletano per cui era tranquillamente in grado di farsi capire dai suoi ex sudditi.
“MI VERGOGNO DI ESSERE PIZZITANO PERCHE’ A PIZZO SI ESALTA UN CRIMINALE”
Scrive sempre il nostro “Storico napoleonico locale” dimostrando in tal modo di non conoscere il Risorgimento Italiano nell’ambito del quale tutti gli storici moderni collocano tra i primi esponenti Gioacchino Murat che per primo nel suo Proclama di Rimini chiamò all’Unità i popoli Italiani invitandoli a ribellarsi ai popoli oppressori stranieri ed a costituire un unico popolo in una unica nazione. Il tentativo di riconquista del Regno viene collocato dalla storiografia moderna come il primo tentativo del popolo italiano di unificarsi in una unica nazione “l’Italia”. Fu il primo esempio al quale seguirono Carlo Pisacane, i veneziani Fratelli Bandiera ed infine la spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi. I primi fallirono e condussero alla fucilazione ad opera dei Re Borbone tutti i protagonisti, ad eccezione dell’ultimo in seguito al quale furono i Re Borbone a scomparire dalla Storia dell’Italia. Se Murat era un criminale allora tutti gli italiani lo sono oppure lo è chi scrive o pubblica queste cose.
A Pizzo si ricorda, ad opera della Murat Onlus sempre supportata dal Comune di Pizzo, con cadenza biennale il primo episodio del Risorgimento Italiano pensato e condotto da Gioacchino Murat che perse la vita per questo. Murat fu ucciso ma le sue idee, che non possono essere uccise, continuarono a vivere negli animi e nei cervelli degli Ufficiali che formatisi nel suo esercito continuarono ad operare in quello Borbonico, costituendo la base di quella forza sociale che si espresse nei moti rivoluzionari del 1821 e del 1848 fondamentali del nostro Risorgimento. Per cui quanto affermato dal nostro “storico napoleonico locale” è completamente sbagliato, destituito di ogni fondamento storico, inopportuno e pericoloso quasi sovversivo perché va contro l’Unità della nostra Italia.
In conclusione devo chiedere scusa al gentile lettore che è arrivato fino in fondo per la lunghezza dello scritto che ricordo faccio, non a titolo personale, ma in qualità di Presidente dell’Associazione culturale Gioacchino Murat, di rappresentante del Souvenir Napoléonien per il Sud Italia e della Famiglia Murat che sarà informata di quanto accaduto e che prenderà i provvedimenti anche legali che riterrà più opportuni.