Sulla storia napitina di Gioacchino Murat sono nate molte leggende, una delle quali è quella che Re Ferdinando II avrebbe ordinato di mozzare il capo di Murat e farlo portarlo a Napoli. Qualcuno sostiene che è veramente accaduto ma la maggior parte degli studiosi la considerano una mera leggenda o quanto meno una pura fantasia considerata l’assoluta mancanza di prove del fatto. A dire il vero considerata la breve sequenza temporale degli avvenimenti che noi conosciamo e cioè:a)comunicazione della condanna; b)dopo quindici minuti esecuzione della fucilazione; c)sistemazione del cadavere nella cassa preparata da un falegname di Pizzo un certo Mastro Pagnotta; d)trasporto nella sua stanza in attesa di trasferirlo nella Chiesa di San Giorgio; e) trasporto a notte fonda nella Chiesa di San Giorgio; f)sepoltura nella fossa comune, sembra veramente difficile credere che si sia trovato il tempo per staccare la testa a Murat e che questo sia stato fatto senza che nessuna delle molteplici persone presenti al Castello quella sera si sia accorta di nulla. Perché se l’intervento non fosse stato effettuato al Castello, allora avrebbero dovuto farlo nella Chiesa di San Giorgio. Credere che Don Antonio Masdea e l’Arciprete Zimatore ed il Vescovo Minutolo avrebbero potuto consentire questo sembra ancora più incredibile. E se ciò fosse avvenuto lo si sarebbe certamente venuti a sapere. Ma il fatto più sconvolgente è che abbiamo un testimone oculare, il farmacista di Pizzo Antonino CONDOLEO, che nella sua relazione si esprime in questi termini:”Oh! vista, che non perderemo mai per tutto il tempo di nostra vita la rimembranza di quel volto pallido, e sfigurato (perchè una palla gli aveva orribilmente solcata la gota destra) ed altre sei gli avevano in più punti forato il petto. Di quegli occhi spenti, di quella bocca socchiusa, che pareva di voler terminare qualche incominciata parola. E di quell’aria guerriera, che la stessa morte, non aveva potuto scancellare dal suo sembiante. …….Spettatori noi di si compassionevole tragedia, vivamente commossi,……”. Per quanto riguarda il teschio ritrovato a Napoli dalle indagini fatte dal Senatore Giorgio Curcio è venuta fuori la spiegazione dello stesso che nulla avrebbe a che vedere con la storia murattiana. Vicenda questa affrontata nelle seguenti pagine allegate tratte dal rarissimo libro “Su la tomba di Murat” del Dott. Giorgio Curcio stampato a Monteleone nel 1900.Buona lettura.
La testa mozzata non era di Murat